Dimagrire coi farmaci per diabetici, la salute non è roba da influencer: le norme da conoscere

L’Aifa ha lanciato un allarme sull’uso improprio di farmaci per diabetici, promossi da influencer sui social media come strumenti per dimagrire. Questo fenomeno ha causato carenze nelle scorte, mettendo a rischio i pazienti diabetici. La normativa attuale vieta la pubblicità di tali farmaci da parte di persone largamente note

Si è parlato molto dell’uso improprio di farmaci per diabetici. Molti medicinali per questa specifica patologia sono, infatti, stati usati sempre più spesso, soprattutto dai più giovani, per dimagrire. L’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, ha lanciato un vero e proprio allarme per l’assalto a questi medicinali, il cui uso è spopolato anche tra i più sani solo ed unicamente per togliere i chili di troppo. Il motivo di questo allarme? Una vera e propria campagna iniziata da alcuni influencer sui social e poi resa virale.

Se influencer e vip promuovono l’uso improprio di farmaci

Stiamo parlando di un fenomeno partito nel 2023 proprio da alcuni influencer di TikTok e che si è diffuso a macchia d’olio, tanto da minare addirittura le scorte del farmaco, che di fatto era sempre meno disponibile per i reali malati di diabete per cui quel farmaco era invece fondamentale.

L’Aifa lo aveva addirittura inserito nella lista dei farmaci carenti e in una nota informativa pubblicata sul suo sito aveva addirittura diffuso: “L’aumento della domanda ha portato a carenze che si prevede continueranno per tutto il 2023. Sebbene la fornitura continui ad aumentare, non è possibile prevedere con certezza quando risulterà sufficiente a soddisfare completamente la domanda attuale”.

A questa ondata virale hanno contributo anche alcune persone popolari come Elon Musk e Robbie Williams che hanno ammesso pubblicamente (o le Kardashian che però non lo hanno ammesso) di utilizzare medicinali per fini diversi da quelli di cura della patologia per cui sono nati e poi in poco si è scoperta una vera e propria rete di incentivi finanziari e pagamenti che si erano creati nel mondo degli influencer proprio per quei contenuti che sponsorizzavano l’utilizzo di questi farmaci su piattaforme quali TikTok, YouTube e Instagram.

Le conseguenze dell’uso improprio dei farmaci

Se pur il marketing di affiliazione sia un modello di business ben conosciuto nonché ormai prassi consolidata degli influencer, in realtà quando si tratta di medicinali le regole del gioco non sono sempre così chiare e scontate, anche per gli effetti che tale marketing può produrre.

Ad esempio, in questo caso, non si può non pensare che l’utilizzo improprio del farmaco possa comportare uno stravolgimento del quadro metabolico nel paziente. Basti solo pensare agli effetti collaterali significativi (nausea; disidratazione; stanchezza; malessere; irregolarità intestinale). Per non parlare degli effetti a lungo termine, considerato che l’uso improprio può anche portare alterazioni metaboliche che non fanno bene alla salute.

Il boom dei patient-influencer

Tuttavia, sono sempre più frequenti cosiddetti “patient-influencer” che, senza alcuna preparazione nel campo medico, raccontano sulle proprie pagine social la propria esperienza con l’uso di questo o quel farmaco, ottenendo molto seguito e non dichiarando spesso il legame economico, quando presente, con l’azienda del farmaco stesso.

Il boom dei patient-influencer, ma in realtà anche dei Pharma Influencer, ovvero farmacisti che sui social media condividono consigli di salute destinati al grande pubblico, ha portato ad interrogarci dapprima sulla liceità di detti contenuti e poi sulle regole esistenti ed i profili di responsabilità per questo tipo di comunicazione. Se nel campo del Pharma influencer la regolamentazione è presente e precisa, come vedremo a breve, risulta alquanto scarsa quella dedicata al fenomeno del patient-influencer.

La riflessione sulle conseguenze di una comunicazione siffatta è ora sul mondo dei medicinali, ma potrebbe ampliarsi e toccare in realtà altri campi, tra i quali non ultimo quello elettorale (basti pensare in passato all’ impatto dell’affaire Cambridge Analytica su determinate elezioni sino anche alle più recenti notizie provenienti dall’India, dove attualmente anche gli instagrammer più famosi vengono reclutati per la campagna elettorale dal Bjp di Narendra Modi per convincere gli elettori, soprattutto i più giovani, sulle finalità del partito indù).

Per questo la riflessione, oggi limitata al mondo medicale, dovrebbe essere prima o poi estesa a 360 gradi per valutare se, dal punto di vista normativo ed in relazione ad alcuni specifici campi non solo unicamente commerciali, sarebbe necessario un preciso codice etico che prevedesse che l’influencer cessasse di essere tale quando è lui stesso influenzato da rapporti di natura economica.

Gli influencer possono proporre farmaci? Uno sguardo alla normativa

Prima di rispondere alla domanda è opportuno analizzare cosa prevede la normativa vigente in relazione alla pubblicità dei farmaci.

La prima regolamentazione di riferimento è costituita dal D.lgs 219/2006 di attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE, secondo la quale per «pubblicità dei medicinali» si intende qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali.

Rientrano in questa definizione sia la pubblicità dei medicinali al pubblico sia quella effettuata da persone autorizzate a prescriverli o dispensarli come:

1) la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali;

2) la fornitura di campioni di medicinali;

3) l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile;

4) il patrocinio di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali;

5) il patrocinio dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione.

Il D.lgs. 219/2006 poi, in relazione alla pubblicità presso il pubblico, prevede anche dei limiti molto rigidi. Infatti, possono essere oggetto di questo tipo di pubblicità solo i medicinali che, per la loro composizione e il loro obiettivo terapeutico, sono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, senza la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento. Possono essere oggetto di pubblicità, inoltre, i c.d. farmaci da banco senza obbligo di ricetta. Risulta invece vietata la distribuzione al pubblico di medicinali a scopo promozionale. L’art. 118 prevede poi che nessuna pubblicità di medicinali presso il pubblico possa essere effettuata senza autorizzazione del Ministero della salute, salvo specifiche eccezioni ivi indicate.

E già sulla base di queste prime disposizioni si può evincere in primis, ad esempio, che la pubblicità di farmaci che devono essere prescritti da un medico qualificherebbe come vietato il comportamento degli influencer in questo ambito.

Se poi consideriamo che l’art. 117 dello stesso D.lgs 219/2006 dispone che la pubblicità presso il pubblico non può comprendere “una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di persone largamente note al pubblico”, nel cui ambito potrebbero rientrare appunto gli influencer, la illiceità è ancora più evidente.

Le linee guida del Ministero della Salute

Tale divieto era stato ripreso e ulteriormente specificato dalle Linee guida del Ministero della Salute relativo all’uso dei testimonial nella pubblicità dei dispositivi medici del 27 settembre 2017, poi successivamente modificate e poi sostituite dalle Linee guida di cui al prossimo paragrafo[1], in base alle quali l’utilizzo dei testimonial, intesi come persone largamente note al pubblico, nell’ambito della pubblicità di dispositivi medici rivolta al pubblico e quindi sottoposta preventivamente al vaglio autorizzativo del Ministero della Salute, era consentito “qualora alla presenza dello stesso testimonial non sia riconducibile alcuna manifestazione di raccomandazione o preferenza, sia pure implicita, da parte del suddetto personaggio per l’utilizzo del dispositivo medico”. Nello specifico per manifestazione di raccomandazione e/o preferenza implicita deve intendersi anche l’ipotesi in cui il testimonial presenti i sintomi della patologia per la quale il prodotto è indicato, o l’ipotesi in cui la presenza dell’immagine del prodotto e del testimonial nel messaggio lasci intendere che il personaggio utilizzerà il prodotto stesso.

La mera presenza della figura del personaggio noto può inoltre essere vietata se, in base alla natura, alle indicazioni e cautele d’uso del prodotto, si ravvisano rischi di uso incongruo che possano comportare conseguenze negative per la salute del consumatore.

Le linee guida per la pubblicità su Facebook, Instagram e TikTok

Per completare l’analisi è doveroso richiamare le vigenti Linee guida sulla pubblicità sanitaria dei medicinali di automedicazione (OTC) e dei medicinali senza obbligo di prescrizione (SOP) emanate dalla direzione generale dei Dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della Salute nella parte in cui contengono indicazioni utili per pubblicare materiale pubblicitario su Facebook, Instagram e TikTok e le regole da seguire anche in base alla diversa tipologia di contenuti.

La prima regola che deve essere tenuta presente è relativa al divieto di pubblicare messaggi pubblicitari di medicinali OTC e SOP (immagini, script, video, audio) su siti internet non di proprietà aziendale, a meno che i messaggi pubblicitari siano stati preventivamente autorizzati dal Ministero della salute [2]. Le pubblicità rivolte al pubblico, infatti necessitano sempre di una preventiva autorizzazione del Ministero, salvo si tratti di inserzioni pubblicitarie sulla stampa quotidiana o periodica che si limitano a riprodurre senza modificare le indicazioni, le controindicazioni, le opportune precauzioni d’impiego, le interazioni, le avvertenze speciali, gli effetti indesiderati descritti nel foglio illustrativo, con l’eventuale aggiunta di una fotografia o di una rappresentazione grafica dell’imballaggio esterno o del confezionamento primario del medicinale. L’autorizzazione non è altresì necessaria per i siti istituzionali che si limitano a pubblicare integralmente e letteralmente i contenuti del foglio illustrativo e l’immagine della confezione dei propri prodotti così come approvata da AIFA, per la pubblicità istituzionale, o per i messaggi brandizzati che trattano argomenti legati alla salute [3].

Alle Linee guida sono allegate alcune schede di dettaglio relative ai singoli canali social per i quali è consentito presentare domanda di autorizzazione per la diffusione dei messaggi pubblicitari. Non è comunque ammessa la diffusione di messaggi pubblicitari attraverso altri social network al momento non disciplinati.

Le linee guida Agcom sugli influencer

Infine, le recenti Linee guida sugli influencer pubblicate da Agcom il 16 gennaio 2024, a seguito di una consultazione pubblica avviata il 21 luglio 2023 disciplinano i casi in cui gli influencer sono soggetti alla normativa prevista dal Testo unico dei servizi di media audiovisivi (il c.d. “Tusma”). Gli influencer che soddisfano determinati requisiti, infatti, devono essere considerati fornitori di servizi di media audiovisivi e dunque devono rispettare disposizioni specifiche quali la tutela dei minori, la protezione della dignità umana, la non discriminazione, ma anche la correttezza dell’informazione e il contrasto alla disinformazione, nonché la protezione dei diritti fondamentali. Essi devono presentare fatti ed eventi in modo veritiero, verificare che le informazioni pubblicate siano corrette e obiettive, anche fornendo le fonti, rispettare le norme sul diritto d’autore e astenersi dal condividere contenuti contenenti incitazioni a commettere reati o apologie di reati.

Aa chi si applicano le disposizioni

Ma a chi si applicano tali disposizioni? Ed ecco qui il tasto dolente in quanto ci si riferisce solo agli influencer che abbiano determinate caratteristiche e in particolare a coloro che:

  • abbiano almeno un milione di follower su vari social media e altre piattaforme;
  • abbiano pubblicato almeno 24 contenuti nell’anno precedente;
  • negli ultimi 6 mesi, abbiano raggiunto un tasso di engagement medio del 2% o superiore su almeno un social media o altra piattaforma.

Il problema di tali requisiti è che escludono tutta quella fetta dei cosiddetti “microinfluencer”, che sono in un numero considerevole dal punto di vista del panorama social e che sono in grado, comunque, di avere molto seguito nel pubblico.

E questo costituisce già un campanello di allarme, tanto è vero che alcune delle osservazioni alle Linee guida mosse da diverse associazioni ed aziende (come ad esempio Confindustria Radio Televisioni, Associazione Lycensig, Assoinfluencer, o Google), riguardano proprio questo aspetto e pertanto sono a richiedere l’inserimento nella “categoria” degli influencer anche di quei soggetti che svolgano attività simili o comunque riconducibili a quelle degli influencer, se pur non con i requisiti sopra indicati. Ciò, infatti, avrebbe come fine quello di un miglioramento della fruizione dei media sociali e di una maggiore sensibilizzazione per quanto concerne la creazione dei contenuti nei social.

Le responsabilità degli influencer nei diversi paesi e in Italia

Sul fenomeno degli influencer che sponsorizzano soluzioni medicali, meritevole di nota è uno studio condotto nella University of Colorado Boulder, che ha reso noto che i cosiddetti patient-influencer, ad esempio, in genere hanno stretti rapporti con aziende farmaceutiche, e che nonostante specifichino nelle loro comunicazioni di non essere medici, questo dato viene per lo più ignorato dal grande pubblico. L’utilizzo di canali social popolari, inoltre, è un vero e proprio megafono che permette di raggiungere un pubblico vasto e spesso giovane e inesperto, e ciò accresce la diffusione e la credibilità delle notizie. L’utilizzo di social media come Tiktok o Instagram, che permettono di diffondere messaggi istantanei a una platea di persone vastissima, richiede dunque, a maggior ragione quando si parla di farmaci, di una precisa regolamentazione, in Italia come abbiamo visto ancora molto frammentaria e non decisiva.

Ma come viene regolamentata la pubblicità dei medicinali svolta da influencer nei Paesi diversi dall’Italia?

Cosa succede in Francia

Il primo stato europeo che ha voluto regolamentare il fenomeno è stato quello francese, che non solo riconosce il mestiere di influencer, ma vieta agli stessi di promuovere specifici argomenti quali la chirurgia estetica o l’astensione dalle terapie, mentre vengono messe nero su bianco le norme per la promozione di diversi dispositivi medici, oltre al divieto di promozione di prodotti contenenti nicotina, le scommesse e il gioco d’azzardo. Sono proibite anche le immagini di promozione per cosmetici realizzate con filtri, a meno che non vengano dichiarati. Gli influencer che non rispettano le norme sulla pubblicità possono rischiare fino a due anni di carcere e una multa da 300 mila euro. L’adozione della normativa è stata necessaria per il verificarsi di troppi abusi, tra i quali la pubblicità ingannevole, la promozione di scommesse sportive rischiose, e per contrastare il fenomeno delle troppe iniezioni da parte di estetisti e professionisti non autorizzati.

In Germania

In Germania, in relazione al divieto di promuovere farmaci, alcuni non sono d’accordo, altri specificano che tale divieto dovrebbe valere solo in caso di un numero significativo di follower. In particolare, i patient influencer sono ammessi se non trasmettono messaggi ingannevoli e se non spingono il pubblico in un auto-diagnosi ed è obbligatorio che il paziente dichiari apertamente di essere stato ingaggiato o che abbia dei rapporti di tipo economico con il committente.

Nei Paesi Bassi e in Slovacchia

Nei Paesi Bassi e in Slovacchia potrebbe essere vagliata la possibilità che agli influencer possa applicarsi la normativa sulla pubblicità dei medicinali, in Ungheria, invece, la pubblicità di medicinali non è generalmente ammessa agli influencer.

In Spagna e Inghilterra

In Spagna l’utilizzo di patient-testimonial è ammesso a patto che non si riferiscano apertamente a prodotti e brand delle aziende promuovendoli.

In Inghilterra l’uso di patient testimonial è ammesso se sia chiara la natura del loro messaggio come onesta, genuina e non fuorviante.

E in Italia?

In Italia, come detto, la Direttiva sui Medicinali è stata implementata dal Decreto Legislativo 219/2006 (“Decreto Legislativo”), che vieta l’uso nella pubblicità rivolta al pubblico di raccomandazioni da parte di scienziati, operatori sanitari o persone largamente note.

Il nodo dell’interpretazione del concetto di persone largamente note

Il punto fondamentale, come sopra già indicato, è l’interpretazione del concetto di persone largamente note, e se ammettere o meno come tali gli influencer, non essendoci neanche, a differenza dei requisiti di influencer per i quali è applicabile il TU dei servizi media e audiovisivi, un parametro interpretativo a livello numerico che permetta di distinguere il concetto di persone largamente note.

Ed anzi, se per delineare la figura degli “Influencer che svolgono attività professionale”, si applicano le sopra analizzate disposizioni del Tusma dei servizi media e audiovisivi, rimane ancora una volta scoperta tutta la categoria dei micro-influencer, per i quali, ad esempio, ci si chiede se possa essere associata la definizione di persone largamente note.

Le pronunce del TAR Lazio

Ci aiutano, a livello interpretativo, le pronunce del TAR Lazio (sentenza n. 8943/2014 e sentenza n. 5859/2016), che hanno ritenuto l’utilizzo di celebrità nella pubblicità dei medicinali ammissibile nella misura in cui la loro partecipazione si limiti a svolgere un ruolo di supporto nella comunicazione pubblicitaria, senza assumere un ruolo attivo di accreditamento del prodotto.

Con ciò quindi il Tar del Lazio ha chiarito che, se il ruolo della persona conosciuta non è attivo, ma si limita alla mera presenza senza alcuna manifestazione di preferenza, allora può essere utilizzato.

Un altro aspetto non ancora adeguatamente regolamentato è quello in ordine alle responsabilità di tali influencer nello svolgimento di attività promozionale di medicinali, specie nei casi richiamati pocanzi, o all’uso di medicinali per finalità diverse da quelle per cui sono nati, e le possibili conseguenze generate sul grande pubblico.

A livello generale, posto il legame economico sotteso rispetto all’azienda produttrice di tali prodotti, si potrebbe forse parlare di un profitto “ingiusto” ottenuto “con l’inganno” nei confronti dei consumatori con ovvi risvolti penalistici (ma anche forti difficoltà dal punto di vista probatorio).

Si ricorda infatti che secondo le Linee Guida dell’AGCOM sopra citate per gli influencer gli stessi hanno la responsabilità editoriale sui contenuti, la quale include il controllo effettivo sulla creazione, sulla selezione o sulla organizzazione dei contenuti medesimi.

La necessità di un intervento legislativo unitario

Pur tuttavia si ritiene che la regolamentazione attuale, sul punto, sia ancora non sufficiente e si auspica dunque un ulteriore intervento legislativo unitario, in quanto l’attuale quadro normativo di riferimento è molto eterogenee (le norme, infatti, sono frammentate e provengono, ad esempio, dal Legislatore, AGCM, AGCOM, IAP).

Altra disposizione normativa utile ai fini di un accertamento di responsabilità, seppur nel campo della beneficenza, è Il DDL Beneficenza, approvato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio scorso, che prevede norme per garantire la chiarezza e non ingannevolezza dell’informazione relativa alla commercializzazione di prodotti i cui proventi sono destinati a iniziative di beneficenza.

Meritevole di pregio è altresì la giurisprudenza delle diverse autorità (IAP, AGCM, AGCOM e Giudice Ordinario), che in più occasioni ha chiarito che anche sulle società che si avvalgono di influencer grava una responsabilità oggettiva (in questo senso, si veda la Pronuncia IAP 45/2018 nel caso Peugeot/Fedez o la Delibera AGCOM 161/2023 nel caso Cook Academy-Prosecco Serena). Per evitare addebiti, la società deve, infatti, dimostrare di aver fatto tutto il possibile per impedire il verificarsi dell’illecito, oltre a stipulare specifiche clausole con l’influencer tra cui: l’adozione di linee guida e/o codici etici, i principali obblighi, i meccanismi di deterrenza (es. penali e sanzioni), la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.

Visto tutto quanto sopra e il boom degli influencer, risulta in conclusione urgente un ulteriore intervento normativo, con il quale si chiariscano, ad esempio in questo particolare campo di prodotti medicali,  tutti gli aspetti ad oggi non chiari primo tra tutte le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti e gli ambiti di competenza concorrente tra le diverse autorità.

Note


[1] Ministero della Salute, Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, Linee guida del Ministero della Salute relativo all’uso dei testimonial nella pubblicità dei dispositivi medici, 27.11.2017 e Integrazione delle linee guida per la pubblicità dei dispositivi medici, dispositivi medico-diagnostici in vitro e presidi medico-chirurgici su Facebook, 24.10.2019.

[2] Ministero della Salute, Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, Linee guida sulla pubblicità sanitaria dei medicinali di automedicazione (OTC) e dei medicinali senza obbligo di prescrizione (SOP), 19.07.2023.

[3] Su questo argomento si veda in particolare Elisa Stefanini, Salute, come fare pubblicità a OTC e SOP: le indicazioni del ministero, agenda digitale, 23 ottobre 2023, https://www.agendadigitale.eu/sanita/salute-come-fare-pubblicita-a-otc-e-sop-le-indicazioni-del-ministero/.

 

A cura di Alessandra Lucchini – Avvocato cassazionista – DPO & Stefania Pellegrini – Avvocato e consulente privacy