Nel 2020 i cyberbulli ammoniti dal questore sono stati 11; nel 2019 sono stati nove e nel 2018 si sono contati 20 ammonimenti. Nei primi sei mesi del 2020 sono stati trattati 179 casi di prepotenza cibernetica online tra adolescenti e sono stati denunciati 49 minori per reati di cyberbullismo.
I numeri sulla applicazione di alcuni mezzi di tutela contro il bullismo digitale, forniti rispettivamente dalla Polizia di Stato e dal ministero dell’Interno, sono molto distanti da quelli annotati dalle ricerche statistiche sulla diffusione della prepotenza cibernetica a danni di minori: si impone, dunque, una riflessione sulla effettività delle disposizioni varate con la legge n. 71 del 2017.
In parallelo sta montando un problema nuovo a riguardo della responsabilità dei genitori per i danni causati dai figli mediante uso di internet. Il problema è se il genitore possa essere responsabile dei danni causati dal figlio il quale, però, stando a una certa interpretazione del regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr), ha diritto, senza bisogno del consenso dei genitori, di aderire a un social, scambiare messaggi in chat, caricare foto e immagini e così via.
Si discute, infatti, se la maggiore età digitale (inferiore a 18 anni, per l’Italia 14 anni) implichi l’attenuarsi o il venir meno della responsabilità civile per danni dei genitori, e questo perché i genitori sono estromessi, per legge, dal poter condizionare la scelta dei figli sulle loro condotte digitali.
Ma partiamo dal primo aspetto e cioè dal controllo delle istituzioni sul bullismo cibernetico.
Nel 2017 è entrata in vigore la legge 71, che ha, da un lato, disegnato una serie di interventi di monitoraggio del fenomeno e di pianificazione degli interventi e, dall’altro lato, ha scritto alcuni strumenti di tutela.
Uno di questi è l’ammonimento del questore. Così, se non c’è un procedimento penale pendente, la vittima minorenne di cyberbullismo può chiedere al questore di convocare l’aggressore e di ammonirlo invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge, accompagnandolo anche con prescrizioni specifiche. L’ammonimento dovrebbe essere un deterrente ed evitare che fatti commessi con leggerezza possano avere gravi ripercussioni per vittime e aggressori.
Sta di fatto che i numeri registrati in questi anni sono proprio bassi. Stando ai dati forniti dalla Polizia di stato nel 2020, anno del boom, causa Covid e non solo, di collegamenti alla rete e di uso dei social, i questori italiani hanno pronunciato 11 ammonimenti. Nel 2019 gli ammonimenti, in tutta Italia, sono stati 9. Nel 2018 i questori sono intervenuti 20 volte.
Insomma, numeri che testimoniano lo scarso utilizzo dell’istituto e, ad oggi, il mancato raggiungimento degli obiettivi di deterrenza.
Oltre all’ammonimento del questore, la legge 71/2017 ha disciplinato la possibilità della segnalazione e del reclamo al Garante per la protezione dei dati, al fine di ottenere da quest’ultimo un provvedimento di oscuramento, rimozione o blocco di qualsiasi dato personale del minore, diffuso nella rete internet.
Su questa procedura (cui è dedicata una pagina sul sito dell’Autorità), la relazione annuale del Garante non offre dati numerici specifici.
Al fine di consentire iniziative di protezione si sono mossi anche alcuni Corecom (comitati regionali per le comunicazioni), i quali si sono proposti di inoltrare al Garante della privacy eventuali segnalazioni o reclami in materia di cyberbullismo.
Anche in merito a queste iniziative, non emergono dati che attestino un utilizzo di questi canali né da parte dei minori né da parte dei genitori.
La legge 71/2017, almeno stando a questi numeri, dunque, non è ancora entrata a regime e manifesta ancora una difficoltà a intercettare il fenomeno.
Ma la difficoltà a governare il fenomeno è generale. Si consideri, infatti, quanto dichiarato alla camera il 30 ottobre 2020 da Achille Variati, all’epoca sottosegretario di stato per l’Interno, rispondendo a una interpellanza, a proposito del contrasto al cyberbullismo. Variati, in quella occasione, ha riferito che nei primi mesi del 2020 «sono stati trattati 179 casi di prepotenza cibernetica online tra adolescenti e sono stati denunciati 49 minori all’autorità giudiziaria, per reati riconducibili a dinamiche di cyberbullismo» (dal resoconto stenografico della seduta). Anche qui le cifre dei casi emersi sono molto più basse di quelle effettivamente capitati nella realtà e dichiarano la necessità di trovare le strade giuste per la tutela dei soggetti più vulnerabili.
di Antonio Ciccia Messina (Fonte: Italia Oggi del 22 marzo 2021)