Molte app legate alla salute, presentano seri problemi di privacy e raccolta dati, tanto che almeno il 25% dei programmi gratuiti non rispetta quanto stabilito dai termini per la tutela dei dati personali. A documentarlo uno studio, pubblicato sul British Medical Journal, condotto dagli scienziati della Macquarie University, in Australia, che hanno valutato più di 20mila applicazioni per smartphone relative alla salute. I ricercatori ribadiscono che i pazienti dovrebbero essere più informati sulle politiche legate alla protezione dei dati nelle applicazioni per la salute.
Dei 2,8 milioni di app su Google Play e degli 1,96 milioni di app su Apple Store, si stima che 99.366 appartengano a categorie mediche, sanitarie e di fitness, descritte dalla classificazione mHealth. Gli sviluppatori condividono regolarmente e legalmente i dati degli utenti, ma sono state ripetutamente riscontrate divulgazioni sulla privacy inadeguate per molti software. Il gruppo di ricerca ha identificato più di 15 mila app mHealth gratuite nel Google Play Store, confrontando le politiche sulla protezione dei dati con un campione casuale di oltre ottomila applicazioni di genere diverso.
Gli autori hanno scoperto che l’88% dei programmi sanitari poteva accedere e potenzialmente condividere dati personali degli utenti, circa due terzi potevano salvare i cookie, un terzo poteva vedere l’indirizzo e-mail e circa un quarto poteva identificare il ripetitore a cui il cellulare era connesso, il che consentirebbe la geolocalizzazione dell’utente.
Solo il 4% delle app ha effettivamente trasmesso dati come nome e informazioni sulla posizione, ma i ricercatori affermano che l’87,5% delle operazioni di raccolta dati e il 56% delle trasmissioni sono state effettuate per conto di servizi di terze parti, come inserzionisti esterni o fornitori di analisi e monitoraggio.
Il 23% per cento di queste comunicazioni è avvenuto pero’ tramite canali non sicuri. Il 28% dei programmi considerati, inoltre, non forniva testi di politica sulla privacy e almeno il 25% delle trasmissioni violava quanto dichiarato nelle privacy policy. Tra le recensioni, questi problemi sono stati sollevati solo dall’1,3% degli utenti. Come limitazione dello studio, gli autori riconoscono che la valutazione delle sole app gratuite potrebbe aver introdotto dei bias.
“Questa analisi ha riscontrato seri problemi con la privacy e atteggiamenti incoerenti nelle app mHealth – afferma Gioacchino Tangari della Macquarie University – i medici dovrebbero essere consapevoli e riportare queste informazioni ai pazienti per determinare rischi e benefici dei programmi di gestione sanitaria”. “è importante esercitare un maggiore controllo, introdurre una regolamentazione adeguata e stabilire le responsabilita’ da parte di app store, inserzionisti digitali e data broker – conclude Muhammad Ikram, docente presso la Macquarie University – per garantire che le informazioni personali degli utenti siano trattate in modo adeguato e nel rispetto delle norme sulla privacy”.
Fonte: Agi