La BEUC, (Bureau Européen des Unions de Consommateurs) che è l’organizzazione europea fondata nel 1962 che raggruppa 46 associazioni dei consumatori europee di 32 paesi (Altroconsumo per l’Italia), ha presentato una denuncia alla Commissione europea e alla rete europea delle autorità per i consumatori contro WhatsApp, accusando la nota app di messaggistica istantanea di proprietà di Facebook di aver esercitato continue e indebite pressioni sugli utenti per forzarli ad accettare nuovi termini sulla privacy che non sarebbero né comprensibili né trasparenti, e quindi in palese violazione dei diritti che il Gdpr riconosce agli interessati.
(Nella foto: Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy)
Lo si apprende da un comunicato stampa diramato il 12 luglio 2021 dalla stessa BEUC, in cui l’organizzazione dei consumatori sostiene che, per la loro natura, tempistica e ricorrenza, le notifiche che vengono visualizzate sui dispositivi degli utenti pregiudicano la loro libertà di scelta, costringendoli in pratica a dare il loro consenso ai nuovi aggiornamenti sulla privacy, in contrasto con quanto richiesto sia dalla normativa europea sulla protezione dei dati che dalla Direttiva UE sulle pratiche commerciali sleali.
Nel reclamo presentato da BEUC congiuntamente ad otto delle associazioni di consumatori che fanno parte dell’organizzazione internazionale, viene ribadito il fatto che WhatsApp non sarebbe riuscita a spiegare in un linguaggio semplice e comprensibile la natura delle modifiche, ed “è praticamente impossibile per i consumatori avere una chiara comprensione delle conseguenze che i cambiamenti di WhatsApp comportano per la loro privacy, in particolare in relazione al trasferimento dei loro dati personali a Facebook e ad altre terze parti”.
Secondo Monique Goyen, direttore generale della BEUC, “WhatsApp ha bombardato gli utenti per mesi con messaggi pop-up aggressivi e persistenti per costringerli ad accettare i suoi nuovi termini d’uso e la politica sulla privacy”, avvisando gli utenti che il loro accesso alla app sarà interrotto se non danno il loro consenso. E sotto queste indebite pressioni, “i consumatori non sanno cosa stiano effettivamente accettando.”
La BEUC sostiene inoltre che la condotta di WhatsApp è aggravata dal fatto che continua a spingere gli utenti ad accettare una policy sulla privacy che attualmente è già sotto la lente delle autorità europee per la protezione dei dati, le quali vengono quindi sollecitate ad accelerare le loro indagini per stabilire se effettivamente sussistano le violazioni in materia di privacy che sono state contestate alla app di messaggistica targata Facebook.
Quelle sollevate dalla BEUC sono pertanto accuse molto pesanti, anche perché puntano il dito su presunte violazioni che rientrano nei princìpi generali del Gdpr, le quali sono punite con sanzioni amministrative che possono arrivare fino al 4% del fatturato mondiale di un gruppo, come quello di Facebook, che nel suo insieme lo scorso anno ha registrato un volume di affari di 85 miliardi di dollari.
Ancor prima di prendere in mano la calcolatrice, è meglio quindi auspicare che Mark Zuckerberg trovi un accordo per rispettare i diritti degli utenti europei di WhatsApp.