Quotidiani e siti on line riportano notizie di iniziative promosse da gruppi No Vax che, su chat e social media, diffondono e invitano a diffondere indirizzi e cellulari di medici, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni, politici.
Perciò, il Garante per la protezione dei dati personali, ha ritenuto doveroso intervenire con un comunicato stampa per ricordare agli utenti dei servizi di messaggistica e dei social network che diffondere senza consenso dati personali, “oltre a costituire una violazione della vita privata degli individui, con rischi anche per la loro incolumità, si configura, ai sensi della normativa sulla privacy, come un atto illecito, che può determinare anche l’applicazione di pesanti sanzioni”.
Semmai ce ne fosse bisogno, può essere infatti opportuno ricordare che il numero di telefono, sia esso relativo all’utenza fissa o mobile, può consentire di risalire all’intestatario, e come tale può senz’altro ritenersi un dato personale ai sensi dell’art. 4 del Regolamento UE 2016/679, che include in tale categoria “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile, che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica”.
Come il numero di telefono, anche l’indirizzo del domicilio o della residenza se è riferito ad un interessato persona fisica può costituire un dato personale, per cui non può essere comunicato a terzi o, peggio, divulgato in pubblico senza prima il consenso del relativo utente.
(Nella foto: Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy)
Inserire pertanto tali informazioni di una persona in un gruppo WhatsApp o Telegram, come su altri social network senza averne ottenuto l’autorizzazione preventiva dall’interessato, costituisce violazione della normativa sulla privacy, e anche la Corte di Cassazione (ad esempio la Sentenza n.46203 del 16 dicembre 2008 e la Sentenza n. 21839 del 17 febbraio 2011) ha più volte rimarcato che è vietato comunicare o diffondere il numero di telefono privato di un soggetto in assenza del suo consenso, configurandosi in caso contrario il reato di trattamento illecito di dati personali ex art. 167 del Codice per la protezione dei dati personali.
A prescindere da quale sia l’opinione personale in merito alle vaccinazioni contro il Covid-19 e agli obblighi del Green Pass introdotti dal Governo, è vero che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione ai sensi dell’art. 21 della Costituzione italiana, ma ciò deve sempre avvenire nel rispetto delle leggi vigenti, e questo vale anche per la normativa sulla protezione dei dati personali, tanto più perché il rispetto della vita privata e familiare delle persone, è un diritto fondamentale di libertà dell’individuo sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Protestare è quindi un diritto sacrosanto di ogni cittadino, ma calpestare la privacy delle persone che la pensano diversamente da noi non lo è.
Fonte: Nicola Bernardi – Presidente Federprivacy