La tutela dei diritti soggettivi attribuiti ai singoli dal nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati personali può essere promossa in giudizio anche da persone giuridiche che perseguono come fine istituzionale la protezione dei consumatori.
Secondo le conclusioni sulla causa C-319/20 presentate alla Corte di giustizia Ue dall’Avvocato generale va data risposta affermativa al rinvio pregiudiziale del giudice tedesco che domandava se anche nella vigenza nel nuovo regolamento Ue sulla privacy sussista il diritto delle associazioni di consumatori ad agire in giudizio contro pratiche commerciali che violano i diritti attribuiti ai singoli dalla normativa Ue.
Il caso vedeva coinvolta l’Unione federale tedesca delle organizzazioni e associazioni di consumatori contro Facebook. Si lamentava che il colosso social approfittasse delle iscrizioni a una piattaforma di giochi offerta gratuitamente, per ottenere e gestire dati personali degli utenti che vi aderiscono.
La risposta affermativa dell’Avvocato Ue sul punto della legittimazione processuale attiva degli enti di protezione dei consumatori è arricchita dall’affermazione che tale diritto di azione in giudizio vale ogni qual volta si individuino pratiche commerciali sleali o anticoncorrenziali. Ma, soprattutto, non è necessario che tale legittimazione sia oggetto di specifico mandato ad hoc da parte degli associati o che l’azione si fondi sull’esposizione di un caso concreto.
Ha, quindi, rilievo – con possibilità di adire il giudice – qualsiasi prassi entri nel mirino dell’associazionismo con conseguente denuncia di quelle pratiche agite sul mercato in violazione della parte debole della relazione commerciale: il consumatore.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 3 dicembre 2021