Secondo il Tar Lazio il genitore divorziato che corrisponde un assegno di mantenimento è legittimato all’accesso dei dati relativi agli studi universitari della propria figlia, anche se maggiorenne, al fine dell’eventuale revisione dell’obbligo di assegno.
Dopo aver compiuto la maggiore età, la giovane mantenuta negli studi dal papà aveva sempre omesso di informare il genitore sia delle sue scelte di vita, sia dell’andamento degli studi intrapresi, motivo per cui il padre voleva ottenere le informazioni necessarie a valutare la proporzionalità dell’assegno versato anche a tale scopo, ma l’università aveva rigettato la richiesta di accesso agli atti da parte del padre basandosi sull’assunto per cui i dati riguardavano la sfera personale e la “privacy” della figlia studente, e sostenendo che secondo il proprio regolamento interno tali dati “sono sottratti all’accesso per motivi di riservatezza”, e senza il consenso della diretta interessata le informazioni non potevano essere trasmesse neppure al padre.
Ma con sentenza n. 11413/2021, il Tar del Lazio ha stabilito che tale ricostruzione non tiene in debito conto il rapporto padre-figlia. Il genitore ha infatti nei confronti dei figli, sia pure maggiorenni, non solo dei doveri, comprensivi anche dell’obbligo di contribuire alle spese per gli studi universitari ma anche dei diritti, compreso quello di conoscere gli elementi chiave del loro rendimento scolastico, ovviamente nel rispetto del dettato costituzionale che sancisce il “diritto-dovere” dei genitori di istruire ed educare i propri figli.
La decisione adottata dai giudici è stata quindi quella di affermare che il genitore è “titolare di una posizione giuridicamente rilevante e di interesse attuale, in virtù della sua posizione di padre che corrisponde un assegno di mantenimento”, e perciò egli ha diritto al pieno accesso non solo agli atti riguardanti l’effettiva iscrizione all’università della propria figlia, ma anche a prendere visione ed estrarre copia della documentazione amministrativa e di quella relativa agli esami sostenuti e superati con i relativi voti conseguiti, perché l’interesse personale del richiedente a tutelare in sede giudiziaria la propria sfera giuridica è prevalente sull’invocato diritto alla riservatezza” dalla figlia.
Fonte: Nicola Bernardi – Presidente di Federprivacy