La privacy non blocca la pubblicazione di articoli di stampa su uno studente, identificato con nome e cognome, che sui social insulta e minaccia gli insegnanti. Così ha deciso il Garante della privacy (provvedimento n. 620/2023, di cui si è avuto notizia del dispositivo in questi giorni), che ha respinto il reclamo presentato da uno (all’epoca dei fatti) studente nei confronti di una testata giornalistica, incolpata di avere diffuso l’articolo a distanza di 5 anni dal fatto (ma subito dopo la sentenza che ha definito il procedimento penale aperto sullo stesso).
Il videomessaggio di insulti alle prof – In dettaglio, si è trattato di un articolo che raccontava di un videomessaggio caricato online dall’ex studente sul suo profilo Instagram, nel quale l’allora alunno, tra bestemmie, frasi dialettali e minacce di morte, ha insultato due sue insegnanti di scuola superiore, una delle quali dirigente scolastico.
La denuncia per diffamazione e minacce – Le docenti hanno presentato querela ed è stato aperto un procedimento penale per diffamazioni e minacce.
A distanza di molti anni è arrivata una condanna dello studente decisa con un procedimento speciale (decreto penale). Contro la condanna lo studente ha presentato opposizione, perché nel frattempo le insegnanti avevano ritirato la querela.
La sentenza del tribunale – Il tribunale, trascorso ormai un lustro, ha chiuso la pendenza penale, con una sentenza letta in pubblica udienza, dando atto dell’estinzione del procedimento a causa delle intervenute remissioni delle querele.
Un giornale, a quel punto, e quindi dopo 5 anni dal post sul social, ma immediatamente dopo la sentenza, ha pubblicato l’articolo contestato, nel quale erano riportati anche nome e cognome dell’ex studente, la sua età e il suo comune di residenza (non l’indirizzo di casa).
Secondo l’interessato l’articolo non rispondeva a un interesse pubblico attuale e la pubblicazione di tutti i dati identificativi, considerato che non era un personaggio pubblico, violava il principio di essenzialità dell’informazione e di minimizzazione dei dati.
Il ricorso al Garante – Con questi motivi, l’ex studente ha presentato un reclamo al Garante della privacy, davanti al quale il giornale si è difeso invocando il diritto di cronaca. La testata giornalistica ha sostenuto che risponde a un interesse attuale diffondere articoli su temi come il disconoscimento dell’autorità scolastica e la scarsa consapevolezza nell’uso dei social da parte dei cosiddetti “leoni del web”. Il giornale ha, inoltre, evidenziato che l’articolo non era stato pubblicato sul sito web della testata e, pur presente nell’archivio, non era reperibile su Internet con l’uso dei motori di ricerca.
Il Garante assolve la testata – Il Garante non ha accolto il reclamo dell’ex studente e non ha irrogato sanzioni alla testata giornalistica.
L’interesse generale anche dopo anni – Quanto al tempo trascorso, il Garante ha dato peso al fatto che l’articolo era immediatamente successivo alla sentenza. Quanto al diritto di cronaca, il provvedimento ha accertato che l’articolo era completo ed era anche corretto e contenuto sul piano formale, considerato che non riportava espressioni o parole offensive o lesive della dignità dell’interessato. Inoltre, sempre a proposito del diritto/dovere di informazione, il Garante ha riconosciuto che l’articolo si riferiva ad una vicenda di interesse generale, pur in un contesto locale.
È di interesse generale, per il Garante, scrivere a proposito di comportamenti relativi al mondo della scuola, dare conto dei rapporti tra insegnanti e studenti, narrare vicende sull’uso non corretto dei social.
Il ruolo preventivo – È di interesse generale, prosegue il provvedimento, fornire un’informazione tesa a prevenire azioni minacciose e dirette a ledere la reputazione degli insegnanti e a delegittimarne il ruolo.
Sulla spinosa questione dei dati identificativi, il Garante ha rilevato che il nome e cognome dello studente era stato richiamato insieme a quello degli altri protagonisti del caso per fornire proprio un quadro completo dell’accaduto. Anche il riferimento all’età e la generica indicazione del Comune di residenza dello studente non sono risultati eccessivi.
Fonte: Italia Oggi – di Antonio Ciccia Messina