Niente addio ai cookie di terze parti, almeno ancora per un altro anno. Per la terza volta, Google ha infatti deciso di rinviare al 2025 la cosiddetta deprecazione di questi strumenti sul suo browser Chrome, attraverso i quali traccia gli utenti in tutte le loro attività online.
Lo stop ai cookie di terze parti era stato prima fissato a gennaio del 2020, poi spostato a data da destinarsi ma entro due anni, successivamente un ulteriore rinvio sino alla fine del 2023 e ora quest’ultimo al 2025, sperando probabilmente che nel frattempo il riesca a definire il confronto con l’autorità per la concorrenza inglese (CMA) e anche con l’autorità per la privacy (ICO).
“Riconosciamo che ci sono sfide in corso legate alla conciliazione dei feedback divergenti provenienti dal settore, dai regolatori e dagli sviluppatori e continueremo a impegnarci a stretto contatto con l’intero ecosistema” – ha spiegato la Google in una nota che ha fatto tirare un sospiro di sollievo alla gran parte dell’industria pubblicitaria online – “È inoltre fondamentale che l’autorità abbia tempo sufficiente per esaminare tutte le prove, compresi i risultati dei test di settore, che la l’autorità ha chiesto ai partecipanti del mercato di fornire entro la fine di giugno. Date entrambe queste importanti considerazioni, non completeremo la deprecazione dei cookie di terze parti durante la seconda metà del quarto trimestre”.
A gennaio Google aveva fatto sperare in un orizzonte migliore per la privacy degli utenti annunciando di aver bloccato i cookies all’1% del traffico nel proprio browser, ovvero a circa 30 milioni di utenti Chrome, con l’obiettivo di proseguire lungo tutto il 2024, ma ora arriva l’ennesima delusione con il nuovo stop.
Google aveva annunciato la rimozione dei cookie seguendo anche la direzione già presa da alcuni concorrenti, fra cui Apple e Mozilla, che hanno introdotto da tempo strumenti anti tracciamento nei propri browser, ma Chrome è il browser per navigare più diffuso nel mondo. La decisione e l’alternativa proposta con la Privacy Sandbox, però, non erano state accolte con favore dal mercato, perchè rinunciare ai cookie di terze parti significherebbe rinunciare allo strumento principe per avere pubblicità targetizzata e quindi potenzialmente subire un calo dei ricavi. Se da una parte la Privacy Sandbox sarebbe in grado di garantire maggiore privacy agli utenti, dai primi test sembra però che non avrebbe le stesse potenzialità dei cookie.
C’è poi una questione concorrenziale che gli operatori alternativi lamentano: Google in realtà può fare anche a meno dei cookies di terze parti perché dai suoi siti passa praticamente la totalità degli utenti Internet, senza contare che molti sono registrati e restano sempre loggati ai suoi servizi mentre navigano, essendo quindi tracciati e bersaglio di pubblicità personalizzata sulle loro proferenze e sui loro comportamenti online.
A cura di Federprivacy