Il provvedimento del Garante della Privacy su Tik Tok e la campagna informativa che ha attivato l’autorità per sensibilizzare i genitori a prestare particolare attenzione sull’uso dei social network da parte dei giovanissimi figli rappresentano un importante primo passo per la tutela dei minori online. Nondimeno, rimangono molte preoccupazioni e perplessità di chi ha a cuore il benessere psicofisico dei propri bambini. Per questo Federprivacy ha deciso di effettuare un sondaggio per conoscere l’opinione di chi fa il mestiere più difficile del mondo.
Infatti, in Italia il Dlgs 101/2018 ha stabilito che l’età minima per effettuare trattamenti di dati personali basati sul consenso è di 14 anni. Tuttavia, Tik Tok ed altri social network e piattaforme online sostengono di poter fondare legittimamente i loro trattamenti di dati personali anche di bambini che abbiano compiuto appena 13 anni, non sulla base giuridica del consenso, bensì, in modo molto discutibile, su quella relativa all’esecuzione di un contratto con l’interessato ai sensi dell’art. 6 par.1 lettera b) del Gdpr per dare esecuzione allo stesso.
E benché in Italia un minorenne non possa concludere validamente un contratto fino al compimento di 18 anni, nei propri termini di servizio Tik Tok ed altre piattaforme online fissano come foro competente e legge applicabile non quella italiana, ma quelle di altri stati in cui è consentito iscriversi a Tik Tok ed altre piattaforme online anche a bambini che abbiano compiuto i 13 anni. Ovviamente un preadolescente sarebbe impossibilitato a difendersi da solo in una qualsiasi controversia internazionale insorta a seguito dalla stipula di un contratto, tanto meno quello da cui possa derivare un rischio ai suoi danni, come nel caso di un contratto con un social network con sede in Irlanda o addirittura oltreoceano.
Che il trattamento di dati personali da parte di un social network sia rischioso lo dice il Gdpr ogni volta che parla dei minori.
A parte il fatto che anche il consenso contrattuale deve comunque essere frutto di una scelta consapevole e non certo un semplice e sbadato “click”, in conseguenza di quanto detto un bambino da solo non può nemmeno stipulare un contratto nel quale si stabilisce l’applicabilità tra le parti di una legge diversa da quella italiana o, a maggior ragione, contenenti clausole vessatorie come quella relativa alla deroga del foro competente.
Inoltre, un bambino da solo non è legittimato a dare il suo consenso a trattamenti per finalità di marketing, e non gli si deve chiedere il consenso per marketing, perché non c’è nessuna norma del Gdpr che lo prevede: l’articolo 8 del Gdpr, che ritiene valido il consenso di un bambino non si riferisce infatti a marketing, ricerche di mercato e vendita diretta, ma ad un ambito del tutto diverso, limitato al mero utilizzo dei servizi della società dell’informazione.
Da diverso tempo anche Federprivacy sta richiamando l’attenzione sul crescente e fenomeno dei rischi legati ai giovanissimi utenti online attraverso una ricerca che ha evidenziato numerose e preoccupanti criticità nella carenza del rispetto della privacy dei bambini, disciplinata da un quadro normativo complesso e talvolta incerto, e per questo di recente ha ritenuto opportuno dare anche il proprio contributo per aiutare professionisti e imprese a fare chiarezza con la Circolare 5-2020 specificamente dedicata alla tutela della privacy dei minori con il Gdpr.
Fonte : Federprivacy