L’articolo 103 del codice di procedura penale, al comma 5, sancisce che “Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite”. In via generale, quindi, il nostro ordinamento vieta le intercettazioni delle conversazioni tra avvocato e cliente. Tuttavia, nel tempo, la giurisprudenza di legittimità ha mitigato la rigidità di tale divieto, ritenendo, nei fatti, che lo stesso non debba ritenersi assoluto ma vada incontro a delle eccezioni.
Ad esempio, nella sentenza n. 24451/2018, la Corte di cassazione ha affermato che “il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata”.
Ancora: qualche anno prima, nella pronuncia n. 26323/2020, la Corte aveva affermato che “non ogni colloquio tra cliente e difensore, può essere qualificato come rientrante nell’ambito del mandato difensivo, ma solo quello che, in considerazione del contenuto della conversazione, possa far ritenere che l’avvocato, in quell’occasione, abbia svolto il suo tipico ruolo di difensore, ruolo che si esplica (…) in consigli, strategie difensive, richieste di chiarimenti”.
La denuncia dell’AIGA – Anche alla luce di queste e altre posizioni assunte dalla giurisprudenza, nella prassi il fenomeno delle intercettazioni delle conversazioni tra avvocati e assistiti è molto diffuso. In proposito, tuttavia, non mancano perplessità e critiche.
In particolare, con un comunicato stampa del 1° marzo 2021, l’AIGA ha manifestato una particolare preoccupazione: per l’associazione si tratterebbe di una prassi che, nei fatti, violerebbe il diritto costituzionale di difesa, senza tenere in alcun conto l’inviolabilità del legame fiduciario intercorrente tra i legali e i propri clienti.
Riportando le parole del presidente AIGA, avv. Antonio De Angelis, la garanzia costituzionale del diritto di difesa risulterebbe nei fatti esposta “alla mercè degli inquirenti e alla arbitraria negazione delle garanzie procedurali che nella riservatezza della tutela delle conversazioni tra avvocato e cliente devono trovare un invalicabile ed assoluto diritto di garanzia a tutela della funzione difensiva stessa”.
Nel comunicato si legge ancora che: “A nulla vale fare appello all’art. 103 c.p.p. sulla considerazione che l’illusorietà della millantata tutela contenuta nella norma, è di fatto superata dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, che ritiene tale divieto non assoluto, ma soggetto ad una verifica postuma che ne vada a saggiare il rispetto dei limiti, quando di quelle conversazioni se ne è già fatto un uso illegittimo”.
La posizione della CEDU – L’AIGA cita anche la CEDU che, nella sentenza del 17 dicembre 2020, ha sancito che l’inviolabilità delle conversazioni tra avvocato e assistito rientra nel rapporto privilegiato intercorrente tra gli stessi, che non può essere oggetto di intromissioni indiscriminate da parte di soggetti terzi, compresa la magistratura.
Per l’Associazione, insomma, il legislatore non può più esimersi dall’intervenire a ristabilire i confini.
Fonte: Studio Cataldi – A cura di Avv. Valeria Zeppilli