Danni risarcibili a chi, finito sul giornale perché condannato e poi assolto, non si sia visto aggiornare la notizia. Il diritto all’oblio, infatti, può essere compresso a favore del diritto di cronaca solo in alcune situazioni, tra cui l’interesse pubblico e attuale alla diffusione del fatto. Lo scrive la Corte di cassazione con l’ordinanza 3013 del 1° febbraio 2024.
Ad aprire la questione è la decisione di un uomo, in prima battuta ritenuto colpevole dei reati contestati e di seguito scagionato, di citare l’editore di un giornale, responsabile di non aver riportato sul sito la notizia dell’intervenuta assoluzione. Domanda accolta dal Tribunale, che sancisce a carico della società un risarcimento di 20mila euro. Ma la Spa propone appello e la Corte di secondo grado riforma in parte la pronuncia impugnata. Il danno, spiega il collegio, non era stato provato.
La questione arriva, così, sul tavolo della Cassazione chiamata a esprimersi su sette motivi. Tra i principali, il mancato riconoscimento del danno conseguente sia all’omessa cancellazione della notizia inerente la condanna, sia al mancato aggiornamento all’avvenuta assoluzione. Circostanza che, protesta il ricorrente, aveva inutilmente prolungato la già dolorosa vicenda che l’aveva ingiustamente coinvolto. Ad aggravare la situazione, la particolare odiosità delle accuse mosse nei suoi confronti (molestia e detenzione di materiale pedopornografico), che gli era costata lo stigma della comunità di vita, l’isolamento sociale, uno stato depressivo e la rinuncia all’attività di responsabile di una scuola calcio giovanile. Pesava, inoltre, la potenzialità diffusiva – che è in astratto infinita – degli articoli pubblicati sui portali web. Tutte presunzioni dalle quali si poteva certamente trarre la prova del danno preteso.
Il ricorso viene accolto. Sul piano probatorio, premette la Cassazione, i giudici di appello avevano seguito logiche errate: pur avendo ritenuto che il danno potesse provarsi anche con presunzioni, non avevano attribuito rilevanza ai parametri di riferimento. In realtà, precisa la Corte di legittimità, la sentenza appellata aveva richiamato i consolidati principi sull’oblio per i quali la persistenza in un giornale online di una datata notizia di cronaca esula dal lecito trattamento d’archiviazione o di memorizzazione di dati per scopi storici o redazionali, configurando una violazione del diritto all’oblio quando, considerato il lasso di tempo trascorso, possa ritenersi recessiva l’esigenza informativa dei lettori.
Difatti, ricorda la Cassazione, il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione, a favore del diritto di cronaca, solo in presenza di certi presupposti: interesse pubblico dell’immagine o notizia; interesse effettivo e attuale alla sua diffusione; notorietà del rappresentato; informazione vera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo e scevra da insinuazioni o considerazioni personali; rispetto del diritto di replica dell’interessato. Considerazioni sulla cui base la Corte di merito riconosceva la responsabilità della testata e l’indubbio pregiudizio arrecato ma negava il ristoro per mancata prova del danno. Discordanza che induce la Cassazione ad accogliere il ricorso e sollecitare un nuovo esame del caso condotto alla luce di una più attenta applicazione dei ricordati principi.
Fonte: Il Sole 24 Ore – di Selene Pascasi