La legislazione vigente in materia di privacy è ritenuta soddisfacente soltanto dal 7,5% degli italiani connessi in rete, mentre sono il 54% coloro che credono sia necessaria una normativa più severa, anche mediante l’introduzione di sanzioni più dure in presenza di violazioni e la possibilità di rimuovere dal web eventuali contenuti sgraditi.
Questo quanto emerge della ricerca del Censis ‘Il valore della privacy nell’epoca della personalizzazione dei media’, presentata oggi a Roma da Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, e discussa da Luca De Biase, editor d’innovazione de ‘Il Sole 24 Ore’, Giuseppe De Rita, presidente del Censis, e Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
È invece scettico il 24,5%, perché pensa che oggi sia sempre più difficile garantire la privacy, in quanto in rete non si distingue più tra pubblico e privato. E ancora, solo il 14% appare rinunciatario, sostenendo addirittura che sia inutile, perché con l’avvento dei social network la privacy non può più essere considerata un valore in sé.
Il diritto ad essere dimenticati
Particolare favore riscuote l’ipotesi di introdurre nell’ordinamento giuridico il ‘diritto all’oblio’: molti sembrano non avere dubbi in merito al fatto che sia legittimo richiedere l’eliminazione dal web di opinioni, informazioni e fotografie del passato che in qualche modo potrebbero ledere la reputazione personale. Oltre il 70% degli italiani condivide l’affermazione secondo cui ognuno ha il diritto di essere dimenticato: le informazioni personali sul nostro passato potenzialmente negative o imbarazzanti dovrebbero poter essere cancellate dalla rete quando non sono più asservite al diritto di cronaca.
Poca dimestichezza con gli strumenti per tutelarsi
Secondo quanto emerso dal Censis, c’è ancora scarsa dimestichezza con gli strumenti per tutelarsi. Gli atteggiamenti prevalenti sembrano improntati all’apprensione, cui corrisponde però un deficit di attenzione. Stenta ancora a radicarsi una matura consapevolezza collettiva. La capacità di controllo degli strumenti disponibili per difendere la privacy appare modesta.
A fronte di una percezione del rischio molto elevata, soltanto una minoranza di utenti di Internet è effettivamente in grado di adottare una qualche forma di gestione attiva della privacy. Solo il 40,8% di chi naviga in rete usa almeno una delle misure fondamentali per la salvaguardia della propria identità digitale (limitazione dei cookies, personalizzazione delle impostazioni di visibilità dei social network, navigazione anonima). Il 36,7% non ricorre invece a nessuno strumento, mentre il 22,5% si limita a forme passive di autotutela, che a volte implicano la rinuncia a ottenere un servizio via web.
Il 40% degli italiani è disposto ad autorizzare il trattamento dei propri dati personali soltanto ai soggetti di cui si fida, sulla base della condivisione delle finalità di utilizzo. Infine, quasi il 30% sostiene invece di non essere propenso a farlo a nessuna condizione e soltanto il 17,3%, per contro, si dice pronto ad autorizzarne l’impiego senza particolari difficoltà.
Fonte: IlSole24Ore.com