La legge europea sul trattamento dei dati è molto più seria e restrittiva rispetto agli Usa. Questo anche perché l’Europa era finora rimasta indietro: non abbiamo grandi aziende che lavorano sui dati, che sono concentrate soprattutto negli Usa o in Asia. Il rischio era che aziende statunitensi potessero orientare l’opinione pubblica degli europei, e per questo l’Unione europea è corsa ai ripari. Con il Gdpr c’è stata una presa di coscienza importante, anche se da qui in avanti intelligenza artificiale, IoT, assistenti vocali, ci metternano sempre più nella condizione di subire una raccolta dei dati ancora più pervasiva”. Lo ha detto Fabiano Lazzarini, Country manager di Qwant Italy, il motore di ricerca made in Europe che non traccia le attività dei suoi utenti, nel suo intervento al settimo Privacy Day Forum, organizzato da Federprivacy a Roma proprio in concomitanza con l’inizio dell’applicazione negli Stati Ue della General data protection regulation, le nuove norme sul trattamento dei dati nell’area Ue.
Poi Lazzarini si è concentrato nel campo dei search engine: “Sono molti i player che raccolgono i dati, ma quelli più strutturati sono i motori di ricerca: la loro attività è molto più pervasiva di quella dei social network, è molto più potente – sottolinea – Google ha un market share medio del 96% nei Paesi occidentali e in Europa, di fatto una situazione di monopolio: tutti andiamo a cercare informazioni su Google e gli lasciamo una montagna di dati . E in una sua dichiarazione di qualche tempo fa il chief data scientist di Google disse che la cosa importante non era l’algoritmo, ma i dati. Si tratta di un ecosistema dal quale difficilmente si esce: significa Youtube, testate d’informazione, e il mezzo più potente oggi è il sistema operativo Android per gli smartphone, con 80% di share. Chiunque di noi è tracciato in ogni momento da questa piattaforma, che memorizzato tutto, le strade che percorriamo, le chiamate che facciamo e riceviamo, la nostra agenda. Ormai il motore di ricerca mantiene tutte le informazioni su di noi ed è come se leggesse i nostri pensieri, ci conosce ancora meglio di noi stessi”.
Ma perché “conoscere gli utenti” potrebbe essere sinonimo di avere influenza su di loro?: “Facendo una singola ricerca non si può essere influenzati, ma man ano che proseguiamo, e dopo vent’anni di ricerche su scala mondiale, oggi il motore di ricerca ha la possibilità di farci entrare nella ‘filter bubble’, contenuti che vanno sempre in una direzione: risultati non imparziali, ma filtrati in base al profilo e all’attività online dell’utente. Il tentativo è di dare un risultato gradito, che avalla le convinzioni politiche dell’utente, ad esempio, rubandogli così un po’ di libertà. Non ci dà consigli, ma cerca di influenzare i nostri consumi, o le nostre scelte nel caso delle
elezioni politiche”.
Di fronte a tutto questo Qwant si propone come “alternativa sostenibile”: “E’ un motore di ricerca europeo che nasce nel 2013 e non traccia in alcun modo gli utenti – spiega Lazzarini – I risultati non sono basati sul profilo delle persone, ma sono risultati imparziali dell’algoritmo. In Francia ha già conquistato il 5% del mercto, e siamo forti in Germania. A utilizzare il servizio sono le persone più attente alla privacy e alcune aziende, per kil principio che un motore di ricerca che non fa uscire informazioni strategiche è importante, per il principio che è meglio che i dati rimangano all’interno dell’azienda. La privacy degli utenti – conclude Lazzarini – è assicurata anche dal fatto che i server sono tutti in Europa e sono server proprietari. Perche se i server non sono di proprietà non si può garantire che i dati non vengano visti dal altri”.