Google è nuovamente sotto accusa per quanto riguarda le sue politiche sulla privacy. Questa volta è stata l’antitrust australiana (ACCC) a citare in giudizio la casa di Mountain View, portandola davanti alla Corte Federale con l’accusa di aver ingannato i suoi utenti, continuando a conservare i dati sulla loro posizione anche quando questi pensavano di aver disattivato ogni servizio di localizzazione.
Secondo quanto riferito dall’accusa, Google non è chiara nel rendere noto che non è sufficiente disattivare la Cronologia delle posizioni affinché venga interrotta la raccolta dei dati di localizzazione dell’utente. Per fare ciò è necessario disattivare anche la voce Attività Web e App, visto che pure questa ottiene lo stesso tipo di informazioni sensibili.
L’azione legale mossa nei confronti di Google mira quindi a provare che la casa californiana ha raccolto dati sulla posizione relativi ad utenti che pensavano di aver negato ogni accesso alla società di Mountain View; ciò non è avvenuto a causa della poca chiarezza d’informazione, fatto che ha impedito alle persone di compiere una scelta informata e consapevole.
L’ACCC è quindi intenzionata a richiedere sanzioni economiche esemplari e vuole che Google metta in atto un programma volto a correggere e informare, assumendosi anche ogni responsabilità legale. Oltre a ciò, sembra che la società abbia attuato una sorta di ricatto, suggerendo agli utenti che la rinuncia alla raccolta dei dati avrebbe comportato l’impossibilità di accedere a determinati servizi: si tratta di un’informazione errata, in quanto tuttalpiù si sarebbero dovute modificare delle semplici impostazioni per sopperire alla mancanza di dati.
Google ha confermato di essere intenzionata a collaborare con l’ACCC, tuttavia respinge fermamente le accuse e si dichiara pronta a difendersi dalle contestazioni mosse. Il tema del monitoraggio è ancora caldo in casa Google, basti ricordare il caso emerso pochi giorni fa in cui la società di Mountain View è stata accusata di aver spiato i propri dipendenti.